Anonymous Lawyer e Studi Illegali

Prima o poi doveva succedere ed adesso il romanzo di Jeremy Blachman, Anonymous Lawyer, appunto, sta per uscire anche in Italia.

Il libro trae le sue origini da un blog (Anonymouslawyer, appunto) in cui un partner di una grande law firm americana raccontava anonimamente la vita tipica dell’avvocato d’affari: meschinità tra colleghi, l’arte di “billare” le ore di lavoro, il minigolf nell’ufficio, cene in famiglia e incomprensioni con l’anonymous son e il divorzio con l’anonymous wife. Tutto narrato con un aplomb sarcastico, disaffettivo e cinico tale da strappare applausi, far dare ragione a chi risponde “Un buon inizio!” alla domanda “Cosa sono 500 avvocati in bocca ai pescecani?” e spezzare il cuore. Contemporaneamente. Ci abbiamo creduto tutti, fino a che l’autore ha rivelato di essere uno studente di Harvard che aveva iniziato a scrivere il blog in seguito all’esperienza fatta durante la pratica legale e di recruiting che ogni harvardiano è destinato a provare.

Per me, all’epoca, la delusione è stata tale che ho smesso di seguire il blog. Lo reputavo una specie di eroe negativo (e perciò tremendamente affascinante) dell’epoca contemporanea e la mia sensibilità non ha sopportato il fatto che fosse un personaggio immaginario e che ci ero cascata in pieno. Il libro, però, ha avuto il successo che meritava. L’editore italiano ha messo su blog parallelo all’originale dove stanno apparendo, mano mano, i primi post tradotti.

Mesi fa ho scoperto Studio Illegale. Un blog bellissimo scritto da un anonymous avvocato d’affari italiano. C’è tutto: ironia, sarcasmo, sudore&lacrime e poesia mascherata da umanità. Da leggere tutto e tutto d’un fiato, compresi gli “illegali” innumerevoli commenti. Duchesne, però, a differenza dell’anonymous americano, sogna. Una vita migliore.

Questo solo per dire che se anche questa volta succede che sotto l’avvocato si nasconde uno scrittore (cosa che spero perchè è uno scrittore, sebbene avvocato) pretendo di ricevere una copia firmata del libro con una dedica personale che reciti le seguenti (semplici) parole “Scusa, Elvì”.

In caso contrario, mi vedrò costretta ad adire le vie legali per vedere risarciti i patimenti sofferti dalla eventuale rivelazione, e tutelati i miei diritti di credulo lettore.

Salvis juribus. Ho detto.

Slashdot effect sul nuovo comma dell’articolo 70

Leggo da Webgolr che Slashdot ha ripreso l’articolo di ieri di Repubblica:

“plainwhitetoast recommends an article in La Repubblica.it — in Italian, Google translation here. According to Italian lawyer Andrea Monti, an expert on copyright and Internet law, the new Italian copyright law would authorize users to publish and freely share copyrighted music (p2p included). The new law, already approved by both legislative houses, indeed says that one is allowed to publish freely, through the Internet, free of charge, images and music at low resolution or “degraded,” for scientific or educational use, and only when such use is not for profit. As Monti says in the interview, those who wrote it didn’t realize that the word “degraded” is technical, with a very precise meaning, which includes MP3s, which are compressed with an algorithm that ensures a quality loss. The law will be effective after the appropriate decree of the ministry, and will probably have an impact on pending p2p judicial cases”

Colgo subito il lato ironico della cosa sottolineando che Slashdot ha, per l’occasione, inaugurato una nuova tag: “fortunatemistake” ed ha ignorato la replica di Mazza presente nello stesso articolo. A questo punto l’uscita del decreto ci sta a cuore quasi quanto la salute mentale di Britney Spears: chi sa divulghi. Coraggio, siamo ancora in tempo ad evitare la tag “Ennesimo pasticcio italiano” e “Pizza, copyright and mandolinos”.

Degradazione e didattica: Monti e Mazza su Repubblica e nuove perplessità

Su Repubblica.it di ieri un articolo di Alessandro Longo con una breve botta e risposta tra Andrea Monti, avvocato e coautore di Spaghetti Hacker ed Enzo Mazza, presidente della FIMI, sul nuovo comma dell’articolo 70 della legge sul diritto d’autore per il quale è libero su Internet l’utilizzo di immagini e musiche, degradate o a bassa risoluzione, a fini didattici o scientifici.

Riprendo parte dell’intervista a Monti:

“Chi l’ha scritto non si è reso conto che il termine “degradate” è tecnico, ha un significato ben preciso, che comprende anche gli mp3, a pieno titolo”, dice Monti. Come sanno tutti gli appassionati di musica su internet, infatti, gli mp3 sono una versione degradata (perché compressa) della musica originale. Dipende poi dal livello di compressione mp3 se questa degradazione è più o meno udibile dall’orecchio umano. Di conseguenza, il comma permetterà “di pubblicare mp3 coperti da copyright, senza autorizzazione dai detentori di diritto d’autore: su siti web o anche su server peer to peer, il mezzo non conta”.

Replica Mazza:

“La legge non ci preoccupa perché sappiamo già come sarà il decreto che fisserà i paletti. E per uso didattico si intenderanno solo i siti che si occupano ufficialmente di didattica, quindi istituzioni accademiche. Nemmeno i siti personali di professori”.

Sul nuovo comma l’ottimismo va usato con cautela (o “degradazione”): come ho scritto recentemente per Apogeonline i problemi interpretativi posti dal nuovo comma sono di non poco conto, a partire dall’utilizzazione del termine “immagine”, il cui significato in sè non si riferisce solo a quanto è immagine ab origine (ad esempio un quadro) ma ricomprende tutto ciò che può essere reso immagine (ad esempio una foto di una statua o di un’opera architettonica) e si confonde, quindi, con il concetto di riproduzione.

Una “svista” anche questa o un’intenzionale estensione del “fair use” per la didattica e la scienza?
I problemi dei file audio sono proprio quelli che evidenziano Monti e Mazza nell’articolo.

C’è l’incognita che l’mp3 (certamente rientrante nel concetto di “degradazione” per quello che ne sappiamo adesso, e cioè in attesa del decreto attuativo del comma) può avere un bitrate più o meno basso (la media qualità per la pubblicazione via ftp è di 128) e quindi, presumibilmente, il decreto indicherà sia il formato e la risoluzione delle immagini che il formato e il bitrate dei file audio. Sperando, per questi ultimi, che non si privi di efficacia il disposto del comma riducendo tutto ai midi (il cui livello qualitativo è praticamente quello delle suonerie per cellulari non polifoniche). Il mezzo di utilizzazione può non contare: a condizione che l’utilizzazione dell’opera sia contestualizzata in un ambito didattico o scientifico collegato a quell’opera, niente esclude che si utilizzi il simbolo del male in terra, e cioè un canale peer to peer.
E c’è l’incognita dell’affermazione di Mazza che sostiene di conoscere già il testo del decreto e che l’applicazione dell’eccezione sarà limitata alle sole istituzioni accademiche riconosciute. Quest’ultima precisazione, qualora fosse vera, avrebbe una portata devastante perché riconoscerebbe solo a tali istituzioni la possibilità di utilizzare le risorse indicate a fini didattici e scientifici. Non si tratterebbe di un allargamento del fair use ma di una restrizione di libertà che prima erano presenti.

L’articolo 70, dal 1941 ad oggi, non è mai stato limitato alle sole istituzioni accademiche riconosciute. L’eccezione prevista, nel rispetto dell’utilizzazione di sole parti di opere e nel divieto di utilizzazioni commerciali, è valida per chiunque utilizzi opere tutelate a fini di critica, insegnamento, discussione, ricerca scientifica. In poche parole, in assenza di fini commerciali, chiunque può utilizzare nei contesti indicati dall’articolo brani o parti di opere. Di qualunque tipologia esse siano. Proprio Folena in risposta alle numerose critiche immediatamente successive all’emanazione del nuovo comma nel suo blog specificava che:

“Se ho un blog didattico, un sito scientifico, a norma dell’articolo 70 non posso pubblicare opere coperte da altrui diritto d’autore, per intero. Ad esempio se ho un sito didattico sulla fotografia, non posso pubblicare un’opera di un grande fotografo come H.Newton né un file audio con una canzone di un cantante famoso, per esempio Vasco Rossi. Ma neppure la foto al microscopio di una cellula, se coperta da diritto d’autore.
Con questa nuova norma, invece, previa definizione dei criteri da parte del ministero (noi avremmo voluto scriverli direttamente nella norma, ma abbiamo accettato una mediazione) questo sarà possibile. Ovviamente a certe condizioni (di qui la minore risoluzione o la degradazione) in modo tale che non si entri in contrasto con l’utilizzazione economica dell’opera stessa“.

I grassetti sono miei, ma è evidente che nel pensiero di Folena l’eccezione riguarda le finalità dell’uso (didattico, scientifico e non commerciale) e non la qualifica dell’utilizzatore.

Proprio poichè è giustissimo prevedere che tutto il settore scolastico ed accademico debba godere delle massime tutele ed estensioni delle libertà già presenti, limitare l’eccezione ai soli enti che hanno una qualifica fa apparire la libertà costituzionale di fare didattica e ricerca scientifica, in assenza di concorrenza ai diritti di sfruttamento economico degli autori, una concessione ai soli enti autorizzati anzichè un diritto di tutti.

Fino a che non vedremo il decreto, comunque, sono tutte supposizioni, ma dopo tante discussioni un pò d’ironia è d’obbligo: se è vero che il testo del decreto già esiste sarebbe bello, a questo punto, che circolasse illegalmente nei circuiti peer to peer prima che nella Gazzetta Ufficiale.
Più 2.0 di così.